Il tempio, quello del 560 a.C., segue un percorso di formazione diverso poiché la tradizione locale in questo caso esercita una maggiore peso nella determinazione dell'impianto (anche se anche qui si assiste ad una evoluzione molto simile a quella che si registra a Samo); i coloni infatti trovano già preesistente un culto dedicato a Chimene, il quale veniva professato in una costruzione costituita da un recinto scoperto circondato da una peristasi di colonne lignee al cui interno era collocato un monoptero con al centro il simulacro della dea. Questo primo impianto viene modificato e rielaborato tra l'ottavo e il sesto secolo e passa attraverso una fase intermedia che vede una posizione simile ma con un rialzamento dovuta alla necessità di isolare la struttura del terreno acquitrinoso; successivamente nell'ultima fase rimane il recinto senza la peristasi, questo luogo diventerà poi la cella del tempio del 560. Nel tempio definitivo, costruito in marmo, notiamo le caratteristiche del tempio ionico: con un pronao molto profondo, la cella con l’adyton, eccetera.
La pianta rimanda molto a quella del tempio dell'isola di Samo, questo probabilmente dovuta alla presenza di Teodoro, che era affiancato a Cherdifrone e Metagene, i quali chiesero aiuto a Teodoro a causa della zona paludosa su cui si fondava il tempio, anche se probabilmente non si limitò solo a questo aiuto ma suggerì anche alcuni elementi per quello che riguarda l'impianto (si può riscontrare la stessa scansione degli interassi, 10 braccia). L’elemento che contraddistingue Efeso è la cella scoperta, infatti è anche definito tempio ippetro (ovvero la cella è a cielo aperto); questo è dimostrato dal fatto che non sono stati trovati elementi che attestino delle fondazioni di colonne interne e non sono neanche stati trovati degli affreschi sulle pareti che potrebbero attestare la chiusura dell'ambiente. L'altro elemento che distingue questo tempio degli altri di Samo e di Mileto, è l'orientamento, mentre in quasi tutti i templi la facciata principale è rivolta verso est, in questo caso la facciata principale è rivolta ad ovest, così come tutti i templi dedicati ad Artemide Climene (Climene era la divinità aborigena). Altri elementi si notano sulla soluzione della facciata, in cui sono concentrati gli effetti decorativi straordinari allo scopo di esaltare la facciata d'ingresso, cioè gli efesini non si limitano soltanto al variare gli interassi, ma adottano una serie di soluzioni specifiche, alla preziosità del materiale marmoreo vengono aggiunti tutta una serie di effetti decorativi ad ottenere questo scopo. Nelle colonne di facciata le prime due file di colonne e anche quelle del pronao sono tutte colonne che le fonti chiamano colonne caelate (ovvero colonne scolpite), perché non solo sono presentano le caratteristiche dell'ordine ionico, ma al di sopra della base presentano un elemento scultoreo (bassorilievi raffiguranti sacerdoti e sacerdotesse in processione) che si frappone fra il fusto della colonna e la base; mentre le colonne nel pronao presentano bassorilievi raffiguranti dei tori sulle quattro facce di un cubo. Naturalmente queste colonne scolpite sono limitate alla faccia occidentale mentre quelle della faccia orientale sono colonne ioniche semplici.
Partendo dal crepidoma notiamo che questa è molto basso (tipico nell'età arcaica, due scalini, il disegno qui a fianco si riferisce al tempio di età ellenistica), sullo stilobate poggiano le cosiddette basi efesine (caratterizzate da un plinto di base con al di sopra scozie intervallate da listelli e per ultimo un toro, di origine egiziana, trattata con scanalature), anche se all’interno del tempio le basi avevano una varietà differente. Al di sopra della base si innalza il bassorilievo a forma cilindrica la cui origine si deve forse al contatto che gli efesini ebbero con le popolazioni orientali, in particolare con palazzi persiani e ittiti; su questo basamento si alza il fusto, separato dalla bassorilievo attraverso un astragalo (alternanza di elementi circolari ed elementi romboidali), con un alzato di 1:12 rispetto alla base, questo suo effetto di slancio è anche incrementato dalla scanalature molto fitte (48 scanalature). Proseguendo verso l'alto troviamo un altro astragalo, subito dopo il capitello a volute e la trabeazione con l’architrave, il fregio e la cornice (con la sima, anche se le due funzioni sono molto connesse, ricordiamo che la sima non fa parte della trabeazione). Come sempre l’architrave è costituita da blocchi posti in asse con la colonna (per motivi di stabilità), con fasce degradanti ciascuna separata dall’altra da degli astragali; un astragalo separa l'architrave dal fregio, che è formato da due file di kima ionico (uno sopra e uno sotto) con al centro una sequenza di dentelli (altri però pensano che la trabeazione fosse articolata con bassorilievi). A sua volta il fregio è separato dalla cornice attraverso un astragalo, al di sopra della quale si trova il sima (completamente in marmo e non in terracotta) completamente scolpita (con scene della guerra di Troia e protoni taurine), la cui altezza e vicina a quella del fregio; questa attenzione per la parte scolpita della sima si ripete all’interno della cella con dimensioni maggiori (per impedire l’entrata dell’acqua).
Come abbiamo detto nell’Artemision si attua la forma del capitello per eccellenza, con il pulvino a volute che tende a chiudere e nascondere l’echino sottostante, con l’inserimento di palmette che riempivano quel possibile vuoto che si poteva creare tra le volute; si ha l’impressione di elementi che scorrono gli uni sugli altri; da questo momento questo diventa il capitello imitato dagli altri templi ionici.
Insieme a questo tipo di capitelli nell’Artemision è possibile trovare anche capitelli con raffigurati petali con l’elemento superiore è diventato rettilineo in maniera di legare più saldamente le parti, permangono sempre le palmette.
Elemento ultimo è il tipo di copertura, diversa dai templi che abbiamo già visto perché realizzata con materiali misti: le lastre piatte sono in argilla, mentre gli elementi curvi sono in marmo, che forma una copertura microasiatica, tipica di tutti i templi dell’Anatolia.
L'edificio viene incendiato nel 356; il nuovo edificio doveva essere del tutto simile a quello antico (si innalza quindi un edificio classico su basi arcaiche), con la differenza che adesso troviamo un possente basamento di 13 scalini ed evidenti sono gli influssi del classicismo attico: colonne corpose e tarchiate, decorazioni intagliate con cura e attenzione ai giochi di ombre ed infine ampie facciate sostengono enormi frontoni. Quest'edificio fi terminato verso la metà del III secolo.
L'edificio viene incendiato nel 356; il nuovo edificio doveva essere del tutto simile a quello antico (si innalza quindi un edificio classico su basi arcaiche), con la differenza che adesso troviamo un possente basamento di 13 scalini ed evidenti sono gli influssi del classicismo attico: colonne corpose e tarchiate, decorazioni intagliate con cura e attenzione ai giochi di ombre ed infine ampie facciate sostengono enormi frontoni. Quest'edificio fi terminato verso la metà del III secolo.
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