Ermogene vive a Magnesia sul fiume
Meandro, che agli inizi del II secolo assume una notevole importanza, inoltre la
ripresa del culto della dea Artemide determina la sistemazione del santuario,
che viene creato secondo la prassi abituale con un altare ad occidente e tutto
l’edificio viene progettato in stretta connessione con un grande slargo che
funziona da agorà (collegate da un portico e circondato da un insediamento di epoca romana). In questo contesto
viene costruito il tempio di Artemide seguendo le regole che Ermogene elabora
sulla scia di Piteo, le regole principali dell'architetto introduce sono
innanzitutto la creazione dell'impianto pseudodiptero,
che consiste
nell'impianto che dall'esterno per le dimensioni si direbbe diptero ma che in
realtà è periptero perché manca una fila di colonne interne, nel senso che è
presente un ampio spazio tra la peristasi e i muri della cella; questo spazio
aveva un suo motivo, in quanto permetteva il passaggio della processione e
nello stesso tempo creava la zona d'ombra che impediva alle ombre delle colonne
esterne di proiettarsi sul muro della cella (un effetto contrario di quello che
avevamo visto nel Partenone); in questo caso l'elemento colonna che nel
Partenone aveva un valore plastico e si tramuta in un effetto esclusivamente
cromatico. All'interno di questa tendenza che potremmo definire antitetica
rispetto agli esempi precedenti, però tutto è regolato dalla suddivisione dello
stilobate in quadrati e nello stesso tempo a un'esigenza di simmetria che
regola l’edificio in maniera diretta. In questo contesto si inseriscono i modi
propositivi della tradizione ioni, per esempio l'incidenza che alla
suddivisione delle colonne interne all’esterno (così come abbiamo visto ad
Efeso e Samo) perché l'allineamento dei sostegni della cella del pronao e
dell’opistodomo determinano all’esterno l'allargamento dell’interasse centrale
di facciata.
Anche in
alzato, pur essendo le colonne molto slanciate, l'edificio appare abbastanza
tozzo per il fatto che il tempio si sviluppò molto in larghezza, inoltre per
accentuare ancora di più l'effetto di chiaroscuro (facendo perdere l'effetto di
plasticità) la trabeazione non presenta solo la dentellatura ma anche un fregio
continuo (quindi presenta due fregi). Anche i capitelli hanno perso la
plasticità di un tempo, per esempio gli ovuli sono completamente distaccati
dagli elementi a freccia lasciando quindi delle zone in ombra a togliere massa
al manufatto. Infine le tre aperture che si trovano nel timpano del frontone sono
dovute a motivi liturgici, perché in determinate giornate dell'anno la luce
della luna illuminava l’interno della cella.
Si poneva
però il problema di quale dovesse essere l'effettivo rapporto tra le zone
d'ombra e le zone chiare perché si poteva rischiare di ottenere degli esiti
piuttosto disarmonici, per questa ragione Ermogene elabora la sua teoria
classificando i templi in cinque categorie basandosi sul rapporto tra il
diametro della colonna e l’interasse:
1.
Pycnostilo: colonne ravvicinate e peristasi fitta
IC = 1,5 IO (smintheion nella troade, 150 a.C.)
2.
Systylo: colonne poco separate IC = 2 DI (Zeus a Priene)
3.
Eustylo: colonna e spazio ben proporzionati IC = 2,25 DI
(Dionisio a Teos eTempio Zeus a Magnesia sul Meandro)
4.
Diastylo: colonne spazziate IC = 3 DI (Altare di Pergamo)
5.
Areostylo: colonne ben distanziate IC = 4 DI
Questa
classificazione è importante anche perché è quella che viene desunta dalla
tradizione romana, viene presa come una sorta di Vangelo e anche all’inizio,
non essendo abili progettisti, si rifacevano alla tradizione greca attraverso i
contatti in Italia meridionale; possiamo quindi dire che fino II secolo a.C.
Roma vive di questa cultura in prestito che Ermogene tramanda attraverso i suoi
scritti; l'architettura romana si può chiamare tale solo a partire dal I secolo
a.C..
Insieme con
questo complesso viene costruito anche l’altare, il quale s'innesta sempre
nella tradizione ionica e ricorda molto da vicino quello di Efeso però aggiunge
un elemento in più che preannuncia in maniera diretta quello di Pergamo, perché
in questo caso non solo c’è una disposizione ad U dell’altare ma appaiono anche
la parti scultoree che avvolgono l'intero manufatto.
Queste idee
Ermogene le applica anche al tempio di Teos, dove possiamo riscontare la pianta
pseudodiptera, la divisione secondo moduli delle tre parti e anche la
disposizione degli elementi secondo quadrati che dividono lo stilobate; il
risultato è ottenere costruzioni completamente antitetiche rispetto a quelli
della tradizione classica perseguito (si preferisce il cromatismo alla
plasticità).