Il tempio di Atena Poliade a Priene


Dopo il periodo in cui i persiani avevano dominato la ionia (che aveva portato alla costruzione di opere che possedevano elementi tipicamente persiani e caratteristiche greche) e dopo che Alessandro Magno l’aveva liberata, si riprende la costruzione utilizzando l’ordine ionico nella sua compagine più genuina; si poneva però il problema di come riagganciarsi alla tradizione arcaica soprattutto perché con l'edificio Policrateo si era raggiunto l’apice sia dal punto di vista dimensionale che dal punto di vista della veste decorativa. Nel periodo in cui l'Anatolia era soggiogata alla Persia c'era stato tutto un movimento di scambio con la Grecia, questo era avvenuto in seguito allo scontento di molti greci che non sopportavano il dominio persiano (o perché richiamati in patria). Nel cercare una via che permettesse di individuare nuove prospettive di ricerca, tra le figure che cercano di elaborare una nuova teoria c’era Piteo (uno dei primi teorici che prelude all'ellenismo vero e proprio), che sulla base di esperienze locali e di informazioni che provengono dall'occidente ritiene che per esaltare le qualità dell'ordine ionico (un ordine che presupponeva la libertà di azione) era necessario che quest'ordine fosse controllato da leggi nazionali, che sono tipiche dell'ordine dorico (cioè pensa che l'ordine ionico può essere maggiormente esaltato e soprattutto può essere controllato nella sua esagerazione decorativa se sottoposto delle leggi razionali com'erano quelle dell'ordine dorico). Per questo motivo predisporre un progetto di ordine ionico con le stesse regole dell'ordine dorico, ci troviamo di fronte ad un periptero di 6x11 che presenta sia pronao che l’opistodomo (elementi che richiamano l'ordine dorico dal punto di vista dell'impianto), anche se è vero che c'è un'accentuazione della parte d'ingresso (però questo non stupisce pensando agli esempi dorici del tempio di Afaia a Eghina o del Theseion); come nello stile dorico l'architetto suddivide e lo stilobate in quadrati di otto piedi (come accade nel tempio di Eghina e in quello di Zeus ad Olimpia) e pone le colonne della peristasi un quadrato si e un quadrato no. In questo modo si ottiene una griglia molto regolare della quale si inseriscono tutti gli elementi che appartengono al tempio, in particolare si riscontra una proporzione anche nelle parti che compongono l’edificio centrale, la cella, il pronao e l’opistodomo; infatti i tre uniti insieme formano 100 piedi (un ekatompeton ionico di 29,4 m), con la cella di 50 piedi, il pronao 30 e l’opistodomo 12 piedi (a cui si devono aggiungere 8 piedi delle due pareti). Lo stesso ragionamento viene usato anche nell'alzato dove vengono stabiliti dei rapporti proporzionali, infatti l'altezza della costruzione senza frontone ha la stessa misura della lunghezza della cella (50 piedi, 43 l'altezza delle colonne più 7 piedi dell’altezza della trabeazione). In questo modo l'ordine ionico sottoposto a queste regole proporzionali dà come risultato progetto controllato ed armonico che rispetta le relazioni tra le parti; questa prima esperienza di Piteus da avvio ad una serie di esperienze successive che si muovono su questa scia, cioè usare un ordine ionico asservito alle regole dell'ordine dorico. Il tempio non presenta alcuna decorazione scultore a.
Il suo discepolo, che si chiama Ermogene, seguirà in maniera diretta questo comandamento e costituirà il teorico (con il quale normalmente si fa coincidere l'inizio dell'età ellenistica), cioè una specie di manuale che razionalizza attraverso delle regole fisse (formando quasi una sorta di prontuario), le regole per realizzare un progetto standard (che però lo irrigidiscono). Queste idee di Ermogene si trovano applicate nel tempio di Artemide Leucofriene a Magnesia sul Meandro, tra l’altro con Ermogene si chiude l'ultima volta in questo momento particolare nel quale cambia la concezione dell'ordine ionico a favore di due mutamenti, quello di tendere ad una maggiore snellimento delle colonne ed un progressivo abbassamento della trabeazione che diventa sempre più basso (da 1:4 fino a 1:6), anche per problemi di ordine statico; infatti gli obiettivi di questo momento sono esaltare il vuoto presente tra le colonne, cioè creare delle zone buie che contrastassero in maniera diretta con il bianco delle colonne (quindi l'effetto che deve dare l'edificio non è più plastico ma potremmo dire cromatico, in maniera tale da perdere la compattezza volumetrica che l'edificio aveva acquistati, preannunciando l'architettura che vedremo nei grandi santuari laziali di Roma). 

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